E tu hai figli?

Volevo scrivere un articolo in cui avrei parlato dell’emancipazione femminile e di quanto sia difficile intraprendere un percorso di vita differente da quello che la società si aspetta, ma ho deciso di scrivere qualcosa di diverso, in cui raccontassi la mia verità personale e la condividessi con voi, lettori e lettrici.

Ho quasi trentasette anni e convivo con il mio compagno da quattro, praticamente da quando ci siamo messi insieme. Siamo una coppia che ha superato con molte cicatrici questo momento storico così difficile senza mai mollare.

Entrambi lavoriamo in due settori che hanno risentito moltissimo del virus e ci siamo barcamenati in mille soluzioni per non soccombere economicamente a questo danno: un trasloco, un cambio radicale rispetto allo stile di vita ed un accantonamento fino a data da destinarsi di una serie di progetti lavorativi e non.

È da un anno circa che parliamo dell’ipotesi di avere dei figli, di allargare la nostra famiglia per poter avere anche noi le nostre tradizioni e qualche guaio in più dentro casa, ma tutto quello che stiamo vivendo ha congelato completamente questa idea.

Durante la mia vita non ho mai preso in considerazione l’ipotesi di essere madre; poca pazienza, un’estrema voglia di libertà e l’instancabile bisogno di vivere tutto come una grande avventura non sono mai stati fattori conciliabili con la maternità e, se devo proprio essere sincera, ancora oggi sono sovrastata da mille dubbi che fanno continuamente vacillare questo pensiero.

Sono circondata da amiche che hanno avuto figli da poco ed il confronto con loro è rimasto lo stesso, seppur diverso. Parlano di qualcosa che io non conosco e che non sono certa si adatti a me, ma vorrei anche essere libera di non trovarmi di fronte ad un muro talmente alto da essere insormontabile.

Tutti non fanno altro che dire quanto sia sbagliato programmare una cosa che dovrebbe essere naturale, mentre io mi sforzo di far capire a ciascuno di loro che non metterei mai al mondo un essere umano senza la certezza di potergli offrire ciò di cui ha bisogno.

Non abbiamo fatto altro che contestare scelte di donne che pur di non abortire, per scelta propria o dei loro compagni, hanno deciso di portare avanti gravidanze non potendosi permettere i controlli adeguati.

I figli costano e non possiamo prescindere da questo per paura di spezzare una sorta di incantesimo.

Costa anche rinunciare ai propri sogni: smettere di cercare la propria strada, la condizione economica adeguata per se stessi, l’indipendenza effettiva.

E come si può ignorare tutto questo e scegliere di intraprendere la strada della genitorialità?

Io non sono disposta a rinunciare a ciò che sono per vivere da madre e lasciarmi alle spalle anni di sacrifici. D’altra parte è difficile non poter guardare oltre, senza la paura che questo paese ci metta anni per riprendersi da una pandemia che ha lasciato tutti sospesi: e parlo dei più fortunati.

Al contrario di ciò che si dice siamo una generazione di persone in gamba, che si è data da fare il più possibile per puntare in alto, intellettualmente e non solo, ma nonostante questo non è ancora riuscita ad ottenere il giusto equilibrio tra la vita privata e quella lavorativa.

(Siamo quelli che hanno manifestato, che oggi lottano contro il razzismo e l’omofobia e che sostengono le donne durante la loro lotta verso l’emancipazione. Eppure no, nonostante questo non siamo mai abbastanza).

E, mentre le mie amiche mi dicono di riflettere sulla mia decisione perché gli anni passano, la fatica aumenta e la gravidanza può essere più complicata, io sento una morsa intorno al collo stringersi sempre di più.

È giusto poter scegliere, in tutti i sensi. Avere la possibilità di dire che non si vuole diventare madri, come volerlo essere e non doversi preoccupare di un sostegno che non c’è.

Nessuno in questo anno si è preoccupato di come potessimo arrivare a fine mese. Ci hanno fatto promesse che non sono state mantenute ed intanto sempre più saracinesche si sono chiuse per non riaprire mai più.

Abbiamo avuto paura, perché nessuno ha messo mano ad affitti ed utenze rendendo la lotta con i proprietari di casa sempre più estenuante, perché nessuno ha torto ma tutti sono colpevoli.

Ed ecco perché mi continuo a domandare come si possa anche solo pensare di allargare la propria famiglia, sapendo inoltre che, se le donne non erano precedentemente tutelate dai propri datori di lavoro, ora seguono un percorso ricoperto da gusci d’uovo.

Ancora una volta non siamo noi a scegliere. Non io, non tu che stai leggendo, non la persona accanto a te.

Questo è il motivo per cui, alla soglia dei quaranta anni, non posso sapere se potrò essere madre o se dovrò scendere ad un compromesso più grande di me.

Ma nonostante questo, se la mia decisione dovesse essere una scelta obbligata, farò di tutto per convincermi del contrario perché, per quanto sbagliato sia, renderà più facile superarla.

Silvia Bruni

Nella foto: Gustav Klimt, La maternità (particolare)

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