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Multinazionali per l’ambiente

Il  documento recentemente sottoscritto dal Business Roundtable nel quale si afferma che il profitto degli azionisti non è l’unico fine di una azienda di successo è sicuramente una notizia positiva, ma non può essere definito una «svolta etica» come affermato da qualcuno: tutt’al più indica una prima presa di coscienza che va però bene  inquadrata nella natura del gruppo da cui proviene, cioè dall’associazione di circa duecento rappresentanti del capitalismo mondiale fra i quali Amazon, General Motors,  Black  Rock eccetera; un gruppo che si è contraddistinto per la sua  spregiudicatezza nel promuovere un consumismo selvaggio, per  la scarsissima considerazione e il metodico sfruttamento dei bisogni e dei diritti dei dipendenti e dei consumatori. Il riconoscimento che per creare valore di lungo periodo le aziende non devono solo portare dividendi ai propri azionisti, ma trattare i dipendenti con «dignità e rispetto», monitorare e proteggere l’impatto sull’ambiente e sulle comunità locali,  avere rapporti corretti con i fornitori, rispettare  i consumatori, è soltanto una chiara strumentalizzazione di questi valori proprio ai fini della realizzazione della priorità assoluta: il massimo profitto possibile.

Girolamo Digilio

Nella foto: Mary Teresa Barra, amministratore delegato di General Motors. È la prima donna al mondo ad essere stata collocata al vertice di una industria automobilistica

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