Nuove generazioni

Quante volte a causa delle altre persone il nostro senso di inadeguatezza si fa largo tra i nostri pensieri fino ad occupare uno spazio sempre più grande. Quel chiacchierio di sottofondo alle nostre spalle o un semplice sguardo giudicante bastano a farci sentire meno di ciò che siamo o addirittura a trasformarci in qualcun altro, costringendoci ad aspettare anni prima di ritrovarci del tutto.

Nella società di oggi subiamo il giudizio da parte di chiunque ed abbiamo numerosi metri di paragone che, troppo spesso, scavallano la realtà. Modelle/i ed influencer rappresentano l’inarrivabile ed evidenziano il profondo divario tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere agli occhi degli altri.

Una parte di noi tenta di spingersi oltre pur di eguagliare una figura di cui non si conosce nulla, o si conosce poco, solo perché ha raggiunto quella notorietà che fa gola a molti. Questo è l’aspetto negativo dei social che, come la televisione molti anni fa, tesse una tela in cui c’è poca comunicazione istruttiva ed una dose massiccia di finzione. I nuovi esempi sono quelli per cui le nuove generazioni vivono con il telefono incastrato nella mano, quasi ad essere un prolungamento dello stesso arto assecondando il bisogno impellente di rilasciare informazioni sulla loro vita quotidiana come se fossero intervistati ad ogni ora. Ricercano quello che i personaggi dello spettacolo – spesso, non sempre – rimpiangono: la totale mancanza di privacy.

Questo li rende competitivi ed affamati di ambizioni che hanno poco a che fare con la cultura: tutt’altro. È proprio questa fame a renderli schiavi di una chiusura mentale che impedisce loro di affacciarsi alla discriminante realtà, occupando la punta della società piramidale da essi stessi costruita, da cui non hanno intenzione di scendere, che costringe la parte più impopolare, se così si può dire, a subire le angherie di chi sta immagazzinando e successivamente diffondendo il messaggio sbagliato.

Gli interventi di tutela che dovrebbero esistere all’interno dello stesso sistema formato da nucleo familiare e scuola troppo spesso sono poco incisivi e dove dovrebbe esserci un gioco tra le parti si crea uno scontro, una sorta di gioco di potere, dove l’unico a trarne (s)vantaggio è proprio il minore.

L’assenza da parte dei genitori crea un vuoto difficile da compensare che porta i giovani – adolescenti per lo più – ad essere troppo spesso arrabbiati con l’aggravante incapacità di non saper canalizzare questo sentimento difficilmente gestibile in quella fascia d’età.

I social e le varie interazioni distanti dalla realtà quotidiana diventano ai loro occhi un rifugio sicuro, ma dannosissimo per il loro sviluppo intellettivo e culturale.

L’informazione senza approfondimento non aiuta la conoscenza: asseconda solo l’illusione di sentirsi parte di una totalità, annullando il senso di curiosità.

Il confronto quotidiano dovrebbe essere il punto centrale intorno a cui ruota l’istituzione scolastica, ma si rivela in realtà un enorme fallimento in quanto il nostro governo sta scegliendo deliberatamente di non intervenire attraverso corsi, seminari ed incontri di vario genere per raccontare la nostra società con tutte le sue contraddizioni, per portare i giovani a individuare le piaghe  principali come l’omotransfobia, il razzismo, il femminicidio, il sessismo, per comprendere cosa realmente significhino e che impatto abbiano sulle nostre vite, senza trascurare i problemi ambientali e la sfera legata alla sessualità.

D’altronde l’ultimo avvenimento, la votazione sul disegno di legge Zan conclusasi con una maggioranza sfavorevole, è la dimostrazione di quanto ancora si faccia fatica ad abbracciare il cambiamento e, cosa ancor più grave, di quanto sia scarso l’interesse nei confronti di una parte della società che, non dimentichiamolo, è formata da persone.

Tutte queste mancanze vanno a creare un grande distacco all’interno della stessa generazione ed impediscono a quel senso di inadeguatezza cui abbiamo accennato all’inizio di scomparire permettendo a coloro che ormai sono costretti a conviverci di condurre con più leggerezza e senso di appartenenza quella fase di vita già enormemente complessa.

Sentirsi sbagliati e, più che occasionalmente, fuori luogo è uno stato d’animo che può condurre a complicate conseguenze, spesso tragiche. Nonostante numerosi casi di ricoveri ospedalieri con i consequenziali appelli non sono state prese le dovute precauzioni; è una lotta contro il sistema che ci vuole nuovamente vittime, schiavi di un «potente» identificabile soltanto con la stessa figura di chi dovrebbe salvaguardarci.

Continuiamo a crescere persone scontente, sempre più vicine alla depressione, malattia difficilmente addomesticabile.

Ignoriamo la pericolosità di questo futuro prossimo rischiando di perseguitare, incalzandoli sempre di più, quanti già si trovano ai margini: e questo perché siamo stati noi a porli in quell’angolo ostile.

All’ultima fascia degli appartenenti alla cosiddetta Generazione Z appartengono i meno fortunati di questo secolo, quelli a cui non è concesso nulla con la mera illusione di vedersi concedere ogni cosa; navigano in un mondo dettato da codici (morali) che si scontrano con i principi esistenziali sempre più frequentemente tralasciati.

Il nostro compito è quello di muoverci il più possibile verso il cambiamento, partendo non solo dai giovani ma dai bambini, per educarli ai principi sani: costruire ed accogliere

Un evento al riguardo si terrà il prossimo lunedì  15 novembre a Roma, organizzato dalla regione Lazio, e tratterà nello specifico il cyber bullismo, fenomeno sempre più diffuso.

Sarà una giornata che vedrà coinvolti diversi ospiti tra cui giornalisti, cantanti e ballerini impegnati a fare la differenza. Lo sport sarà l’attività predominante; un ottimo pretesto per dare la possibilità a chiunque di partecipare, mentre intorno ad esso ruoteranno spettacoli ed interviste. Il giusto modo per comunicare ed informare senza spostare l’attenzione sui protagonisti di questo evento: le nuove generazioni.

Silvia Bruni

Nella foto: Monica Cirinnà e Alessandro Zan

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