
Dal Rugantino n. 13004 del 30 luglio 2013
Beata gioventù
Sale sul trono belga il principe Filippo di Sassonia Coburgo Gotha dopo l’abdicazione del padre che per vent’anni ha regnato avendo al suo fianco Paola Ruffo di Calabria; la moglie del nuovo sovrano, Matilde d’Udekem d’Acoz, è la prima regina di sangue belga nella storia del paese. All’età di settantanove anni, Alberto II lascia dunque spazio ai giovani e aggiunge il suo nome alla lista, piuttosto breve in verità, di coloro che hanno preso la sua stessa decisione: Cristina di Svezia, Edoardo VIII d’Inghilterra, lo zar Nicola II, Beatrice d’Olanda. Ma la più importante rinuncia rimane quella del papa Benedetto XVI, mentre il suo successore Francesco si accinge a tornare nel proprio continente di origine per partecipare in Brasile alla ventottesima giornata mondiale della gioventù. Negli stessi giorni i sudditi di sua maestà britannica attendono trepidanti la nascita del royal baby che dovrebbe avvenire da un momento all’altro.
Sarà il terzo nella linea di successione dinastica, dopo il nonno Carlo e il padre William; ma intanto Elisabetta II, con i suoi ottantasette anni di età e sessantuno di regno, resta felicemente al suo posto che non ha alcuna intenzione di lasciare. Sulla sua longevità non vi sono dubbi: la regina madre dal suo stesso nome ha superato il traguardo centenario e fino all’ultimo, ancorché indebolita dagli anni, ha goduto di un ottimo stato di salute. Anche in Italia il concetto di gioventù supera il mero dato anagrafico e si attesta piuttosto sulla tenace vitalità di una classe politica restia al rinnovamento generazionale. Tuttavia il governo risulta mediamente formato da persone che ben possono definirsi giovani e lo stesso parlamento nell’ultima legislatura registra un abbassamento notevole dell’età dei suoi componenti. Se questi sono i segnali, il futuro sta già cominciando e c’è da sperare che evolva verso un mondo davvero migliore.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 13003 del 23 luglio 2013
La grazia
La sola idea di una condanna definitiva a Silvio Berlusconi manda in fibrillazione il mondo politico; eppure aleggia da anni e nulla di nuovo è emerso in questi giorni se non l’incubo di una data incombente e fatidica: il trenta di luglio, quando la terza sezione della cassazione sarà chiamata a occuparsi del ricorso contro l’ultima sentenza dei giudici di appello di Milano. Il difensore del cavaliere si dichiara esterrefatto per tanta celerità, il primo presidente della corte suprema spiega che si è agito in perfetta aderenza con la prassi vigente. Uno che di sicuro se ne intende, il decano dei magistrati Corrado Carnevale famoso come l’ammazzasentenze, ricorda che quando era presidente della prima sezione penale era normalissimo fissare udienze per evitare le prescrizioni. Lo stesso interessato invita alla calma e si dichiara certo che per i fatti di Mediaset verrà riconosciuta la sua innocenza.
Uguale fiducia ma per opposte ragioni esprime Eugenio Scalfari, che si augura che il libero convincimento della corte coincida con il suo, non avendo dubbi sulla colpevolezza dell’imputato. La esperienza giudiziaria è piena di processi celebrati, annullati e rinnovati, che hanno riguardato episodi e personaggi di notevole rilievo; in questo caso basterebbe individuare qualche vizio e irregolarità per fare ripetere il processo di appello con conseguente allungamento dei tempi e probabile raggiungimento del traguardo della prescrizione. Ma il pericolo rimane e tanto basta per incoraggiare iniziative di protesta e ipotesi originali e fantasiose, tra le quali primeggia il nuovo istituto della grazia preventiva basata sulla presunta intenzione del capo dello stato di salvare l’ex premier con un atto di clemenza se le cose volgessero al peggio. Scontata l’indignazione del Quirinale, molto meno la conclusione della vicenda.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 13002 del 16 luglio 2013
Pioggia d’estate
Acquazzoni d’estate, puntuali al pomeriggio nell’ultimo fine settimana e oltre. Piove un po’ troppo, in alcuni momenti ci si mette anche il vento. E nella capitale di un’Italia a giorni alterni sull’orlo dell’abisso e sulla via della ripresa accade che la stazione metro di Termini ristrutturata ad aprile sia messa a luglio fuori uso dall’acqua che scende giù a catinelle e costringe i passeggeri ad aprire gli ombrelli nel tunnel allagato e a farsi strada tra le pozzanghere. Se valessero estemporanei ma tutt’altro che audaci paragoni si dovrebbe cedere alla meraviglia solo a chiedersi come mai continuino a funzionare le linee sotterranee e superficiali in città afflitte da ben altre avversità climatiche permanenti: e il pensiero corre a Londra, Parigi, Vienna, Praga, Mosca o anche Toronto o New York e via elencando. La battuta è scontata ma realistica: il sistema di manutenzione delle nostre strutture fa acqua da tutte le parti.
Il temporale o se si vuole il diluvio dura poco e la sera regala sprazzi di mondanità alla corte di Jean Paul Gaultier che accoglie sul piazzale alle spalle della galleria Borghese i duecento selezionatissimi invitati a cena. Ma prima si trova modo di visitare il museo e tra un Bernini, un Tiziano, un Canova o un Caravaggio si levano le voci di personaggi anch’essi ineguagliabili nei rispettivi campi quali Anna Coliva, Franca Sozzani, Camilla Filippi e simili celebrità. Nella cornice di un altro museo, a Santo Spirito in Sassia, si era svolta la sfilata di alta moda preceduta da una vivace contestazione di animalisti italiani. Sono un pallido ricordo gli spot di abiti insanguinati a difesa di castori, ermellini, volpi, visoni, ma anche gatti e scoiattoli. Non sa, non vuole o forse non può curarsene l’insigne maestro della moda, che compendia la sua nobile filosofia nella semplice frase assassina: io amo le pellicce.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 13001 del 9 luglio 2013
Il marchio
Non sarà la figura del terrorista a incastrare Cesare Battisti che finora è sfuggito alla giustizia italiana che lo ha condannato per omicidio. Il Brasile gli ha concesso finora il beneficio dell’asilo politico e si è preso persino il lusso di osservare che il nostro sistema è maggiormente punitivo in quanto prevede l’ergastolo. Quello che sembra non possa essere perdonato all’esule è il delitto di avere falsificato i timbri apposti su documenti ufficiali; e c’è già chi lo paragona ad Al Capone che scivolò sul terreno implacabile dei reati fiscali. Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva, nell’ultimo giorno del suo mandato, aveva negato l’estradizione concedendogli lo status di rifugiato politico; ne scaturì un caso diplomatico e Giorgio Napolitano ancora una volta manifestò delusione, amarezza e contrarietà; ma nulla si ottenne e il supremo tribunale federale ratificò poi quella decisione e concesse la libertà all’assassino.
In quel grande paese le tensioni sociali sono molto forti e la presidente Dilma Rousseff deve fronteggiare le piazze in tumulto per i rincari delle tariffe che si sono aggiunti a una situazione economica di insostenibile precarietà. Il torneo di calcio che precede di un anno i mondiali è stato turbato dalle manifestazioni popolari che nemmeno la vittoria della rappresentativa giallo-oro ha potuto frenare. Notiamo per inciso che il risultato sportivo è stato confortante per gli azzurri, battuti solo ai rigori dalle furie rosse iberiche e vincenti nella finalina contro la nazionale uruguayana. I nostri giocatori si sono così aggiudicati il terzo posto e tornano in patria con buoni motivi di soddisfazione. Il premier Enrico Letta, per parte sua, rientra da Bruxelles portando a casa un miliardo e mezzo ottenuto dal consiglio europeo. Ora si pensa al rilancio dell’occupazione con l’obiettivo di dare finalmente lavoro ai giovani.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 13000 del 2 luglio 2013
Presunti colpevoli
Condannato Silvio Berlusconi a sette anni di reclusione e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici per il caso Ruby. Lo ha deciso il tribunale di Milano chiamato a pronunciarsi sulla vicenda, mentre la corte di appello aveva già inflitto allo stesso imputato la pena di quattro anni in relazione alla compravendita di diritti televisivi; va aggiunta la condanna in primo grado a un anno per rivelazione di segreto di ufficio con riferimento alle intercettazioni sul caso Unipol. Risultano in corso ulteriori procedimenti per corruzione del senatore Di Gregorio e per diffamazione aggravata nei confronti di Antonio Di Pietro, accusato di avere ottenuto la laurea grazie ai servizi segreti. Archiviati da tempo altri procedimenti per traffico di droga, tangenti fiscali, concorso in strage e in associazione mafiosa per riciclaggio di denaro sporco, nonché per abuso d’ufficio nell’utilizzo dei voli di stato.
La notizia si è incrociata con quella della morte dell’ultimo dei padri costituenti, il senatore a vita Emilio Colombo: il più anziano a palazzo Madama dove aveva presieduto a questo titolo le prime sedute della legislatura. Neanche a lui furono ignote le traversie giudiziarie quando fu coinvolto nella operazione Cleopatra e ammise di consumare cocaina ma per fini terapeutici. La sua dipartita segue di un mese e mezzo quella di Giulio Andreotti, deputato alla consulta, alla costituente e poi sempre parlamentare. Era stato condannato in appello a ventiquattro anni per l’omicidio Pecorelli e infine scagionato in via definitiva dalla cassazione. Ancora una volta, nelle presenti condizioni, non c’è nulla di definitivo e per tutti vige il principio di non colpevolezza. Quanto ai destini personali, già Sofocle parlando di Edipo ammoniva che prima di giudicare felice un uomo bisogna attendere che la sua vita sia giunta a compimento.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 12999 del 25 giugno 2013
Dolce casa
Entra in vigore il nuovo diritto condominiale e si cerca di adeguare ai tempi d’oggi le regole che disciplinano un settore che riguarda gran parte della popolazione. Il regolamento non potrà vietare la presenza di animali domestici nelle abitazioni, sarà libera la installazione di antenne paraboliche, le assemblee potranno svolgersi in modo più snello, l’amministratore sarà obbligato a perseguire giudizialmente i morosi, ognuno potrà staccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento senza bisogno di autorizzazioni, per le opere di manutenzione straordinaria bisognerà costituire un fondo speciale corrispondente alle spese da sostenere, potranno essere aperti dei siti internet per immettervi i dati contabili e i documenti di comune interesse. La riforma, attesa da settanta anni, è un primo passo verso il rinnovamento e dovrà resistere alla prova dei fatti magari con qualche successivo ritocco.
La casa è al centro delle attenzioni per le imposizioni fiscali e tiene in bilico il governo, posto che sulla soppressione o almeno sul rinvio dell’Imu la componente di centrodestra è intransigente. Si discute anche sul punto in più dell’Iva che dovrebbe scattare a luglio e che è ampiamente contestato, tanto da contrapporre alle larghe intese un clima da larghe divergenze. Il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni fa i conti e spiega che l’eliminazione dell’Imu e il blocco dell’aumento dell’Iva costerebbero otto miliardi l’anno. La coperta è corta, dichiara; ma Renato Brunetta replica che il rincaro sarebbe benzina sul fuoco. Un ripensamento sull’Imu è sollecitato anche dalla Banca d’Italia, che propone comunque di destinare il ricavato dell’iniquo balzello interamente ai comuni, in modo da responsabilizzare i sindaci e da redistribuire l’imposta, che risulta in linea con quella dei principali paesi europei.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 12998 del 18 giugno 2013
Stelle cadenti
Le elezioni di ballottaggio hanno confermato le tendenze manifestatesi al primo turno: forte astensionismo e sconfitta netta dei candidati di centrodestra battuti in undici capoluoghi, tra cui Roma dove hanno perso in tutti i quindici municipi. L’ecatombe non risparmia il movimento grillino, che pur avendo trionfato a Pomezia arretra dappertutto non avendo per lo più neanche ottenuto il passaggio al secondo turno. Qualcosa si muove su quel fronte, che dispone di una rilevante presenza parlamentare pur assoggettandosi all’orientamento apicale che ne impedisce l’assunzione di ruoli a livello governativo. La pietra dello scandalo ha un volto e un nome: Adele Gambaro, a rischio espulsione per avere criticato Beppe Grillo dopo i risultati delle consultazioni amministrative. Ha osato affermare dai microfoni di Sky che il movimento sta pagando i toni e la comunicazione del capo, i suoi spot minacciosi contro il parlamento.
La dissidenza cova dunque tra gli eletti di Cinquestelle: due deputati, Vincenza Labriola e Alessandro Furnari, e due senatori, se la Gambaro fosse accomunata al collega Marino Mastrangeli. Ed è proprio al senato che il fenomeno dell’implosione si fa oltremodo interessante per i possibili ribaltamenti di maggioranza. I precedenti non mancano e non è un caso che a rievocarne la memoria sia stato Clemente Mastella, che attraverso l’Udr era passato nel campo avverso per sostenere il governo D’Alema. Si parla ormai apertamente di campagna acquisti e si fanno anche i conti: sedici fuoriusciti con un gruppo autonomo a palazzo Madama e il gioco è fatto. Riprende fiato Pierluigi Bersani auspicando il passaggio da un governo di necessità a uno di cambiamento. E lo fa a modo suo con un’altra storica battuta: credevate che me ne fossi andato al mare? Neanche per sogno: eccomi qua.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 12997 di martedì 11 giugno 2013
La repubblica
Si festeggia la repubblica nel segno della austerità. La parata militare è dedicata alle forze armate al servizio del paese; però niente carri armati, mezzi blindati, cavalli e soprattutto frecce tricolori. Ma, se non si sono viste le frecce, sono giunte altre frecciate da parte del capo dello stato, che non ha risparmiato le sue sferzanti bordate alle forze politiche, a cominciare da quelle maggiori. Nel suo videomessaggio le ha bacchettate sostenendo che il primo banco di prova sta nel discutere e confrontarsi tra loro liberamente ma con realismo e senso del limite, senza mettere a rischio la stabilità politica e istituzionale, in una fase così delicata della vita nazionale. Ha poi ribadito l’intenzione di vigilare perché non si scivoli di nuovo verso opposte forzature e rigidità e verso l’inconcludenza su scelte urgenti e vitali di politica economica e sociale e su riforme istituzionali più che mai necessarie.
Tutto ciò avviene alla vigilia di una nuova verifica elettorale anche se circoscritta alle amministrazioni locali. Non dovrebbero esservi, almeno per il momento, ripercussioni sul piano nazionale; ma è chiaro che il condizionamento delle pressanti difficoltà congiunturali è destinato a esercitare un peso predominante su ogni altra emergenza. Nell’immediato dopoguerra si vivevano condizioni disperate, eppure si trovò la forza per ricominciare e porre le basi per il futuro. I costituenti produssero il capolavoro che nei decenni successivi nessuno è riuscito a sfaldare nonostante alcuni ritocchi parziali e numerosi tentativi di modifiche generali. Oggi il tema della parità di genere assume una importanza sempre maggiore anche nella composizione delle giunte locali. Ma fu proprio in quel due giugno di sessantasette anni fa che la donna partecipando al voto fu riconosciuta come soggetto politico.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 12996 di martedì 4 giugno 2013
Ballottaggi
Sfumato il traguardo della decima coppa e dell’ingresso in una competizione continentale, in conseguenza della pesante sconfitta nel derby capitolino, i lupacchiotti romanisti si leccano le ferite mentre l’aquila laziale si libra nel volo dei vincitori. Il tecnico Andreazzoli fino a ieri si compiaceva di lavorare con un gruppo splendido di ragazzi seri e disponibili, tra i quali Dani Osvaldo che ora non esita a scatenare una violenta offensiva verbale. Si può capire, osserva conciliante il pluridecorato Gigi Buffon, dopo una esperienza agonistica così scottante; un po’ meno generosi gli apprezzamenti per un Beppe Grillo senza freni che se la prende con gli elettori che hanno dimezzato il suo movimento anziché riflettere sulle cause del flop imputabili proprio a lui. Buona la affermazione nelle elezioni amministrative del Partito democratico ed evidente ma non disastrosa la flessione del Popolo della libertà.
Si va al ballottaggio in buona parte dei comuni dove si è votato e il Movimento cinquestelle per lo più non ci sarà, pagando lo scotto di una se-rie di scelte e posizioni che chiaramente non sono state gradite al popolo sovrano. Ma quello che soprattutto si temeva alla vigilia si è verificato: un astensionismo che a Roma ha visto presentarsi alle urne un cittadino su due. Il segnale c’era stato alla chiusura della campagna elettorale: i comizi sono stati disertati dalla gente e le piazze affollate appaiono come un ricordo di tempi andati. Il sociologo Giuseppe De Rita, autorevole fondatore del Censis e già presidente del consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, interpreta il fenomeno come la fine delle appartenenze e lo definisce con il proverbio: ognuno per sé, Dio per tutti. E alla provvidenza è utile rivolgere le invocazioni, nella speranza che l’aiuto divino venga propiziato da un minimo di buona volontà umana.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 12995 di martedì 28 maggio 2013
La diaria
Non era la prima volta che si buttava: la nota battuta di Carmelo Bene ci torna in mente alla notizia della nuova impresa dell’imprenditore balneare triestino Marcello Di Finizio. Anche per lui una terza volta, ma soltanto per esporre uno striscione dalla cupola di San Pietro. A quarantasette anni, spiega, mi trovo sulla strada e tra qualche settimana perderò anche la mia casa, che andrà all’asta. Un altro gesto clamoroso che si aggiunge ai tanti episodi drammatici di gente che ha voluto immolare la vita per analoghe ragioni. Questo, in fondo, ha migliori connotazioni e può ascriversi al genere folcloristico; ma il disagio sociale è evidente per tutti, mentre si attende e si spera che la crisi volga al termine con una graduale inversione di tendenza. La parola d’ordine è la ripresa unita al risparmio sulle spese ridondanti e il dito accusatore viene naturalmente puntato sugli eccessi della classe politica.
A una settimana dal test delle consultazioni amministrative in numerose città tra cui primeggia la capitale anche la Lega, dopo il Movimento cinquestelle, intende rinunciare al finanziamento pubblico ai partiti e ai rimborsi elettorali. Lo annuncia Roberto Maroni spiegando che si deve puntare a un assetto organizzativo in grado di autofinanziarsi. Dichiara praticamente di non volere soldi da nessuno, né imprese, né società, ma soltanto dai militanti e dalle feste di partito. Se queste sono le scelte generali, più tortuoso si fa il discorso quando si passa al livello individuale: i parlamentari grillini sono sul piede di guerra rivendicando la diaria a titolo di rimborso delle spese. Ironizza Matteo Renzi che dal salone del libro di Torino parla di centocinquanta parlamentari impegnati a discutere sugli scontrini e prevede una ingloriosa spaccatura su questo argomento prima che sulle decisioni più propriamente politiche.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 12994 di martedì 21 maggio 2013
La crescita
Lingua italiana a rischio nella vicina Svizzera, dove un’ordinanza della commissione di maturità impone a tutti i cantoni di prevederne l’insegnamento come materia fondamentale oppure opzionale. Attraverso la scelta della seconda soluzione, sempre meno da quelle parti il sì suona, mentre si affaccia l’inglese che pure non fa parte delle lingue ufficiali che, oltre alla nostra, sono il tedesco, il francese e il romancio (un idioma neolatino simile al friulano). All’interno del nostro stesso paese si è da tempo notato un impoverimento del linguaggio, denunciato e documentato dall’illustre italianista Tullio De Mauro che è recentemente tornato sull’argomento spiegando che più della metà degli italiani ha difficoltà a comprendere l’informazione scritta e spesso anche quella parlata. Speriamo di poterci sentire immuni da questo pericolo esprimendoci in un dialetto più di ogni altro accessibile e diretto.
L’ex sindaco di Sofia e premier uscente Boiko Borisov ha vinto le elezioni con il suo partito di centrodestra prevalendo sui socialisti e sugli esponenti della minoranza turca. Anche lì il vero vincitore è il fronte dell’astensionismo, che avvicinandosi al cinquanta per cento dell’elettorato tocca il record dalla caduta del comunismo. Il reddito pro capite è inferiore alla metà della media europea; la disoccupazione è risalita oltre il dodici per cento: quasi il doppio della vicina Romania. Eppure la situazione finanziaria è una delle migliori nell’intero continente: il rapporto tra il deficit e il pil è quasi in pareggio e il debito pubblico è il più basso d’Europa dopo l’Estonia. Il problema è che il risanamento di bilancio ha soffocato la crescita e che per qualche centesimo di aumento sono stati imposti sacrifici impopolari. Anche da noi succedeva così ai tempi del governo tecnico: sarà un caso, ma si votava a maggioranza bulgara.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 12993 di martedì 14 maggio 2013
L’attualità
«Cosa vorrei sulla mia epigrafe? Data di nascita, data di morte». Giulio Andreotti: Roma, 14 gennaio 1919, 6 maggio 2013. Il ricordo dell’uomo, nel rispetto della sua volontà, finisce qui; ma non dell’uomo politico, che in quanto tale non appartiene nemmeno a se stesso ed entra ormai nel dominio della storia. Se ne ripercorre la vita, segnata da due episodi su tutti: il delitto Moro e le vicende mafiose. Era successo a Giolitti di venire bollato dal meridionalista Salvemini come ministro della malavita per le sue indulgenze clientelari che avrebbero favorito le infiltrazioni della criminalità organizzata; Croce, al contrario, ne riconobbe la correttezza e le alte qualità amministrative. Lo statista si difese strenuamente, inducendo alla fine il suo oppositore a ritirare le proprie accuse. La disputa non sfiorò mai gli sviluppi giudiziari inflitti ad Andreotti, il quale vi si assoggettò uscendone sostanzialmente illeso.
Il sequestro di Aldo Moro coincise con la presentazione alle camere del quarto governo Andreotti che segnava l’ingresso nella maggioranza del Partito comunista. I famosi cinquantacinque giorni si conclusero con l’uccisione dell’allora presidente della Democrazia cristiana e rimangono tuttora una pagina tra le più inquietanti e oscure della nostra storia. Tra i due momenti della formazione di quel governo e della scomparsa di chi lo presiedette c’è tutto un percorso; ma i punti estremi si toccano con formule equivalenti: solidarietà nazionale allora, larghe intese oggi. La coincidenza è singolare, ma non è un caso che giunti alla formazione del governo Letta-Alfano sia stata da più voci rievocata quella lontana eppure attuale esperienza. A dimostrazione ancora una volta del fatto che gli uomini passano, ma le istituzioni rimangono. Nulla si perde di ciò che è stato; ma la vita continua e questa regola vale per tutti.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 12992 di martedì 7 maggio 2013
Il guastafeste
La sciagurata esperienza del governo tecnico è giunta al termine e una nuova stagione si annuncia. Si torna finalmente alla legalità sostanziale con una direzione politica scaturita dal voto popolare e con la formazione di una maggioranza rappresentativa di due terzi dell’elettorato. Sarebbe ingiusto e persino vile associare le tante difficoltà e contraddizioni, quasi si trattasse di un inutile idiota, al nome di Mario Monti, che pure non ha saputo rivelare particolari sensibilità altro che per l’onnivora potenza dei numeri, alla quale lui stesso ha dovuto inchinarsi quando gli è stato negato il necessario consenso. Come che sia, non ha più titolo a rappresentare l’Italia: ciò avviene precisamente a partire dalle ore undici e trenta del 28 aprile, in coincidenza con il giuramento e con la conseguente acquisizione di tutti i poteri connessi alla carica da parte del presidente del consiglio Enrico Letta e dei suoi ministri.
La cerimonia al Quirinale è stata funestata dal contemporaneo gesto di un isolato contestatore che ha sparato sette colpi all’impazzata colpendo due carabinieri in servizio davanti a palazzo Chigi e una signora di passaggio. Uno di loro è in gravi condizioni e gli auguriamo di cuore che possa uscire al meglio da questa brutta vicenda. Il governo tecnico, dicevamo, per noi è il passato, ma sembra avere un futuro in Nepal, dove il presidente della suprema corte Khil Raj Regmi sarebbe disposto a guidare il paese fino alle elezioni di giugno per il rinnovo della assemblea costituente sciolta otto mesi fa dopo che per cinque anni non era riuscita a svolgere il suo compito. Noi ce la siamo cavata con poco meno di diciotto mesi: un’inezia al confronto di ben altre e ben altrimenti durature parentesi nel corso normale della vita democratica. Resta la emergenza economica e qui purtroppo il discorso conserva tutta la sua perdurante attualità.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino n. 12991 di martedì 30 aprile 2013
Il pianto
Si commuove l’undicesimo presidente della repubblica italiana, primo e finora unico ad essere rieletto. In molti avevano sperato nel rinnovo del mandato e lo stesso Sandro Pertini non faceva eccezione; ma nessuno lo aveva ottenuto, tanto che era diffusa tra la gente l’idea che da noi il capo dello stato poteva ricoprire la carica una sola volta. Altre sensazioni curiose circolavano a livelli insospettati: ci risulta, per esempio, che un ministro chiedesse nel suo entourage che gli venisse esibita la norma costituzionale sulla reiterazione dei decreti legge, ignaro del fatto che una pratica invalsa da anni è vietata espressamente dalla carta fondamentale, che almeno sotto questo aspetto è rimasta invariata ma ugualmente violata. Non era successo neanche che un governo si poggiasse sulla fluida inconsistenza di una maggioranza parlamentare se non per il tempo necessario a superare la crisi.
Le camere riunite con la partecipazione dei delegati regionali dopo un breve ma intenso travaglio ce l’hanno fatta: l’assemblea mediamente più giovane della nostra storia, dopo avere bruciato due ottantenni del calibro di Franco Marini e Stefano Rodotà e impallinato al primo scrutinio utile l’appena settantaquattrenne Romano Prodi, hanno votato un recalcitrante ma rassegnato Giorgio Napolitano, classe 1925. Nel discorso di insediamento si è commosso trattenendo appena le lacrime accennando alla fiducia e all’affetto dimostrati negli anni verso la sua persona e l’istituzione che rappresenta. Ma poi ha duramente bacchettato le forze politiche denunciando una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità. Adesso dovrà nascere il nuovo governo e Rosy Bindi, ospite televisiva di Maria Latella, boccia a nome del Partito democratico l’ipotesi di Enrico Letta premier in un contesto di larghe intese.
Lillo S. Bruccoleri