Tempesta capitale

Chiunque giudichi in queste ore le tormentate vicende capitoline e l’inopinata acefalia dell’amministrazione, fatte le giuste proporzioni, occorre che possa in coscienza dirsi vergine di servo encomio e di codardo oltraggio. L’ardua sentenza, più che alla storia descritta dai posteri, è affidata alla cronaca riferita dai contemporanei con gli immancabili risvolti mediatici e giudiziari intrecciati con gli sviluppi politici. L’attenzione viene eccitata su elementi suggestivi più che su fatti concreti di prevalente interesse collettivo; eppure le conseguenze sono imprevedibili, sulla scorta di Franco Fiorito detto er Batman che ha portato alla luce gli sprechi nel consiglio regionale del Lazio. Adesso si parla delle spese del primo cittadino della capitale, ma anche di quelle dei suoi numerosi omologhi sparsi nel paese che conta ottomila comuni, ai quali vengono imposti pesanti sacrifici. La forza dell’immaginazione supera spesso la realtà. Vespasiano indica manufatti più modesti del Colosseo che porta il suo nome e Cicerone è diventato una guida turistica. L’onesto generale Cambronne viene ricordato per l’icastica esclamazione che avrebbe pronunciato tra i pantani di Waterloo; invece la tradizione è stata più generosa con il suo imperatore quando spiegava ai soldati che quaranta secoli li guardavano dall’alto delle piramidi. Più modestamente, si rischia di aggiungere all’elenco il sindaco degli scontrini, quali che siano gli altri aspetti del suo impegno pubblico. Si agitano tensioni e conflitti armati passando per la Libia, la Siria, la striscia di Gaza e le piazze di Ankara, mentre fuggono folle di migranti. Ma, a fronte dei turbamenti per viaggi e cenette, è chiaro, come direbbe l’immenso Totò, che si tratta di quisquilie e pinzillacchere.

Lillo S. Bruccoleri

Dal Rugantino n. 13121

Nella foto: Marco Aurelio in Campidoglio

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