Viaggio di sola andata a Hollywood

C’era una volta una ragazza che si trasferì a Hollywood, inseguendo il sogno di lavorare al fianco dei migliori artisti del mondo dello spettacolo.

Può sembrare una storia come tante, se non fosse per il fatto che la protagonista, Yoshie Morino, è originaria di Yokohama in Giappone, nazione dotata di una notevole tradizione cinematografica, ma la cui cultura e il cui sistema di valori non potrebbero essere più distanti dal modus operandi hollywoodiano.

Yoshie, grazie al talento cristallino, alla ferrea etica del lavoro e alla spiccata presenza scenica, è riuscita a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nell’industria cinematografica statunitense, nonostante quest’ultima sia altamente competitiva e storicamente non incline a «fare scommesse».

Oltre a dedicarsi anima e corpo alla recitazione, Yoshie ha recentemente fatto parte delle giurie artistiche di tre prestigiosi festival cinematografici: il Glendale International Film Festival, lo Studio City International Film Festival, e il Best Actor Film Festival.

Prendere parte a quest’ultima manifestazione, incentrata sull’arte interpretativa, ha permesso a lei e agli altri giurati di esprimere giudizi sui rapporti tra gli attori, sulla loro credibilità e la loro tecnica. Questo compito, benché impegnativo, ha offerto a tutti loro la meravigliosa opportunità di guardarsi dentro e di crescere sia come persone che come interpreti.

In generale, il ruolo di giurato in questi festival, sia attraverso la visione e la selezione di film realizzati da cineasti e con interpreti provenienti da tutto il mondo, sia mediante il confronto con i colleghi, ha consentito a Yoshie di compiere un sostanziale salto di qualità come artista a tutto tondo.

A riprova del fatto che la nostra attrice sia ormai nel novero dell’élite hollywoodiana, le è stato di recente concesso, da parte della no-profit Film Independent (di cui è membro), il privilegio di poter votare per gli «Spirit Awards» che, a partire dal 1984, promuovono il migliore cinema indipendente.

Noi del Mensile, che abbiamo avuto la fantastica opportunità di intervistare Yoshie e di toccare con mano la sua contagiosa passione, le auguriamo vivamente di realizzare i suoi sogni e di lasciare un impatto sempre più marcato su Hollywood, che inizia ora con maggiore convinzione ad abbracciare diversità e multiculturalismo.

Come ti sei avvicinata e appassionata alla recitazione? La tua famiglia approvava oppure no?

Il primo contatto ravvicinato con la recitazione è avvenuto alle elementari durante una recita scolastica. Fin dalla più tenera età, possedevo una fervida immaginazione che, insieme con una spiccata sensibilità e curiosità nei confronti dei sentimenti e del modo di pensare delle persone, non sono passate inosservate a mia madre.

Ho avuto la grande fortuna di crescere in una famiglia molto partecipe e sono grata ai miei genitori per il loro incoraggiamento e sostegno. È stata proprio mia madre che, quando frequentavo le medie, mi ha accompagnata alla prima audizione presso una delle compagnie teatrali più prestigiose del Giappone. Dopo essere stata accettata e aver colmato mia madre di gioia, sono entrata pian piano nel mondo dello spettacolo.

Da sempre mi affascina il modo in cui lo storytelling riesca ad avere un impatto profondo sulla vita delle persone. Così è stato per me, grazie ai tanti racconti straordinari capaci di ispirarmi a proseguire nel percorso di apprendimento e di crescita.

La possibilità di dare vita ad una storia e, soprattutto, la prospettiva di ispirare gli altri e infondergli speranza mi hanno spinta verso la recitazione. Senza dimenticare che quest’ultima ti consente di lavorare con persone di estremo talento e creatività.

Parlaci del tuo esordio artistico come attrice pubblicitaria a Hollywood.

In campo pubblicitario, ho fatto tante audizioni e, fin da subito, mi ha colpito la loro estrema brevità. Quasi sempre queste si basano sull’improvvisazione, quindi ti allenano a prendere decisioni in fretta mentre reciti.

Nel mio primo spot importante per MasterCard, mi ha diretta Bennett Miller, film-maker per due volte candidato all’Oscar. Conservo ancora un fantastico ricordo sia del provino che del giorno delle riprese.

Sono grata di ogni singola opportunità di recitare in pubblicità, considerando anche che i registi che vi lavorano spesso sono straordinari.

Parlaci del tuo ruolo in Sharknado 5: Global Swarming (2017), quinto capitolo della omonima saga di successo.

Mi ritengo davvero fortunata di aver potuto partecipare a questa saga. Sapevo che il film avrebbe avuto successo ed ero al settimo cielo quando mi hanno scritturata per Jasmine. Il mio personaggio viene salvato da quello di Mira (interpretata dall’attrice sino-americana Bai Ling), durante una delle sequenze più mozzafiato del film. Colgo l’occasione per ringraziarla nuovamente!

Tutti i membri della casa di produzione Asylum sono stati fantastici. Inoltre, recitare al fianco di attori con maggiore esperienza, quali Ian Ziering, Tara Reid e la sopramenzionata Bai Ling, se da un lato ha rappresentato una sfida, dall’altro è stato molto istruttivo.

Infine, è impossibile tralasciare l’ottimo lavoro svolto dal giovane regista, Anthony C. Ferrante, che mi ha sempre incoraggiata e messa a mio agio in ogni situazione.

Qual è stata la tua più grande delusione professionale?

Credo che far parte di una minoranza a Hollywood non sia affatto semplice. Sono consapevole che ultimamente sono stati fatti più sforzi per aumentare l’inclusione, ma resta ancora molto da fare in tal senso.

Si spera che gli studios cinematografici, i network televisivi, nonché le case di produzione indipendenti, aprano le loro porte, in particolare, ad una comunità sottorappresentata quale quella asiatica (o asioamericana), anche sulla scia del recente e inaspettato successo al botteghino del film Crazy Rich Asians (che presentava cast asioamericano al cento per cento, NdR).

Dare voce a culture e modi di pensare diversi può costituire una risorsa inestimabile per Hollywood.

Vorrei dare il mio contributo, portando nuovo colore all’industria dello spettacolo.

Qual è stata invece la tua maggiore soddisfazione professionale?

Mi piace continuare ad apprendere e a crescere, e credo che uno dei nostri segni distintivi, in qualità di esseri umani, sia la capacità di migliorarci sempre.

Di sicuro, mi sento pienamente realizzata professionalmente quando ho modo di lavorare con persone di talento e spero di avere ancora tante occasioni di questo tipo.

In conclusione, c’è un cineasta in particolare con il quale vorresti lavorare?

Ve ne sono molteplici, tra questi: Terrence Malick, di cui apprezzo molto la visione poetica, la profondità filosofica e lo stile espressivo astratto, James Cameron, Spike Jonze, Guillermo del Toro, Richard Linklater; e, infine, mi piacerebbe lavorare con delle registe.

Valerio Viale

Nella foto: Yoshie Morino

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