La repubblica è parlamentare

La lunga gestazione del nuovo governo ha visto la partecipazione silenziosa ma decisa del presidente Mattarella il quale interpreta il ruolo di supremo garante dell’intero sistema badando alla sostanza dei problemi per risolverli a suo modo nell’interesse generale. Non è la prima volta che succede e anzi si può dire che la regola è proprio questa: dall’alto della sua posizione il capo dello stato ne orienta l’andamento tenendo conto di tutti i fattori e superando gli ostacoli che incontra nel suo cammino. Se questa è la prospettiva, possono tralasciarsi le dispute bizantine sul potere di nomina del presidente del consiglio e, su proposta di questo, dei ministri, volendosi attribuire all’inciso un carattere vincolante o solo indicativo; ma non è una questione di poco conto, anche se rimane confinata sul piano teorico fino a quando non si manifestino al vertice dissidi insanabili. Quando si forma una maggioranza in grado di sostenere un governo, questo dipende per la propria nascita, composizione e sopravvivenza unicamente dalle camere in quanto sede naturale della sovranità del popolo. Le decisioni dell’esecutivo hanno bisogno del suggello parlamentare e al capo dello stato residuano altri poteri di cui uno su tutti gli è riconosciuto senza alcun limite sostanziale ed è quello dello scioglimento anticipato di una o di entrambe le camere. Per il resto vi sono precisi limiti: per esempio, può rifiutare la promulgazione di una legge rimandandola indietro con un messaggio motivato, ma è tenuto ad accettarla dopo una seconda approvazione. Un caso a parte è quello del potere di grazia che, esclusa dalla corte costituzionale al di fuori di ragioni umanitarie, è stata talora concessa con motivazioni dichiaratamente politiche. Al di là di queste e numerose altre riflessioni che l’esperienza sollecita di continuo, è l’equilibrio complessivo del sistema che finora ha assicurato la normale dialettica democratica. Ed è da augurarsi che i nostri destini non siano deviati da improvvide demonizzazioni o da tentazioni riformatrici che sui principi fondamentali non possono poggiare sull’esile filo di maggioranze fluide ed estemporanee.

Lillo S. Bruccoleri

Dal Mensile di giugno 2018

Nella foto: sindaci alla parata del due giugno

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