
Ricordate quel brano italianizzato da Fiorello dal titolo, più che mai attuale, Sì o No, ispirato alla canzone inglese anni ottanta Please don’t go?
Il dicotomico ritornello della canzonetta è paragonabile all’attuale referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020 sul taglio dei parlamentari, per il quale non è previsto il raggiungimento di un quorum. La dicitura sull’unica scheda dal colore azzurro che andrà in mano agli elettori è la seguente: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019»? Si potrà crociare il SÌ o il NO.
È probabile che in periodo Covid 19, nonostante lo scrupoloso protocollo cautelare anticontagio (che non esclude neppure la sanificazione della matita copiativa), il numero dei votanti, specialmente di fascia anziana, sarà ridotto. Ma anche se ci andranno solo tre persone, quali Quì Quo e Qua, l’esito del voto verrà ritenuto valido. E se vincerà il Sì, in sintesi, il numero dei deputati passerà dagli attuali 600 a 400 ed il numero dei senatori da 315 a 200. Potremmo avere una camera «bassa» un po’ come la Spagna che ha meno di 48 milioni di abitanti in confronto ai circa 60 milioni di connazionali. Tra i vari compensi dei parlamentari, incluse diaria, indennità ed altre voci, ci sarebbe un notevole risparmio di costi. L’economista Carlo Cottarelli , che dirige l’osservatorio sui conti pubblici, fa notare che tutto ciò equivarrebbe ad un contenimento di costi netto di circa 37 milioni per la camera dei deputati e 27 milioni per il senato, oltre alla riduzione di altre spese generali (cancelleria, telefonia, gestione uffici eccetera) di più difficile identificazione ma che secondo le stime ammonterebbe a circa 30 milioni di euro.
Se la vittoria sarà del Sì il senato, eletto su base regionale, avrà un numero minimo di tre senatori per regione o provincia autonoma. Il che significa, per i sostenitori del No, che le regioni italiane più piccole non sarebbero ben rappresentate; non solo: si attuerebbe una soglia di sbarramento verso i partiti minori condannati ad essere «out»: restare fuori dal sistema. Come sempre il centrodestra, anche se non pienamente coeso all’interno della varie lobby partitiche, ha idee differenti rispetto al centrosinistra, che invece appoggia ampiamente una visione più democratica. Quest’ultimo addirittura proporrebbe una riforma costituzionale all’inizio dell’iter parlamentare finalizzata ad avere un senato «alto» , introducendone l’elezione su base circoscrizionale come per la camera e non più su base regionale.
Quindi che sia Please don’t go, tradotto dall’inglese «per favore non andare», o la formula italianizzata «Sì o no», ancora una volta, come vigili osservatori, non ci resta che attendere i risultati elettorali anche in questo difficile periodo storico ancora contrassegnato da un mix di paura e speranza di cambiamento.
Mara Valsania
Nella foto: Carlo Cottarelli