
È in pieno svolgimento la stagione dei referendum: chiusa la parentesi di quello sulle trivelle in mare, risoltosi con la prevista insufficienza di partecipazione, l’attenzione viene subito spostata sulla consultazione popolare d’autunno per la conferma e definitiva approvazione del nuovo testo di buona parte della costituzione. In mezzo c’è la chiamata alle urne dei cittadini britannici per pronunciarsi sulla permanenza nella Unione europea. I precedenti non sono incoraggianti: ricordiamo che il popolo norvegese per due volte ha negato il consenso e che indirettamente quello greco appena l’anno scorso si è espresso nello stesso senso sconfessando il piano di accordo presentato dalla commissione di Bruxelles.
Tornando a casa nostra, la campagna per il sì è stata lanciata da Matteo Renzi, che ha spiegato sinceramente il vero oggetto del quesito: o con me o contro di me. L’alternativa sarebbe tra le riforme e il caos con le sue nefaste conseguenze. I contenuti normativi, sia pure al massimo livello delle fonti, assumono così un rilievo secondario. Ma, volendo stare al tema della efficienza e modernità delle istituzioni, si tratterebbe di garantirne il funzionamento assicurando all’esecutivo la più ampia libertà di azione e semplificando i meccanismi di produzione legislativa. In tale contesto la seconda camera, che a questo punto sarebbe stato preferibile sopprimere del tutto, viene privata delle sue attuali attribuzioni e perde la possibilità di interferire sulla formazione e permanenza dell’esecutivo. Questa prerogativa appartiene solo alla camera dei deputati, dove la maggioranza è garantita da un sistema elettorale che le assicura il controllo dell’assemblea. Si realizza una inversione dei ruoli e la repubblica non è più di stampo parlamentare.
Si pone a questo punto la scelta tra la stabilità del governo e quella delle istituzioni. Quest’ultima viene sacrificata con la progressiva distruzione del bilanciamento tra le funzioni dello stato che fin qui ha garantito una equilibrata ripartizione che non consentiva a nessuno di esercitare da solo il potere, il che sarebbe il fondamento della democrazia. Ci sarà tempo e modo di tornare sull’argomento; intanto c’è da sperare che l’informazione sia data ai cittadini nel modo più ampio e completo facendo sì che si giunga ad esiti referendari consapevoli e veritieri.
Se appare prematuro entrare nei particolari, una cosa può fin d’ora osservarsi: posto il dilemma nei termini essenziali sopra delineati, potrà aversi un sistema che consenta effettivamente al governo di gestire la cosa pubblica senza argini significativi che ne condizionino l’attività. E questa potrebbe anche tradursi in ulteriori stravolgimenti sempre meno soggetti a incisive forme di temperamento. I costituenti pensavano alle future generazioni, oggi prevale l’interesse per le presenti opportunità. Basti sapere che la maggioranza di oggi può sempre diventare l’opposizione di domani.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Mensile di maggio 2016
Nella foto: Roma, palazzo Chigi