Più italiani in fuga che stranieri in arrivo

Nell’intero arco dell’anno 2016 ben 285.000 italiani, prevalentemente giovani, sono partiti per l’estero in cerca di fortuna o comunque di opportunità che l’Italia non è in grado di fornire. Dati da immediato dopoguerra, quando erano circa 300.000 l’anno. Si tratta dei dati del dossier statistico sull’immigrazione 2017, che il centro studi Idos cura insieme con la rivista Confronti. Ad andarsene sono soprattutto laureati e dottorandi in cerca di migliori condizioni lavorative, i «migranti economici» dell’Italia. Una fuga di cervelli che peraltro costa al paese che non riesce a valorizzarli almeno 8,8 miliardi di euro: tanto lo stato italiano ha speso per la loro formazione. E sono in numero maggiore rispetto agli stranieri che sbarcano sulle nostre coste: 181.000 nel 2016, 200.000 quelli attesi quest’anno. Le destinazioni europee più ricorrenti – si legge nel report pubblicato dal Fatto quotidiano – sono la Germania e la Gran Bretagna; a seguire l’Austria, il Belgio, la Francia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e la Svizzera. E l’Europa è destinazione per tre quarti dei migranti italiani. Oltreoceano gli italiani scelgono l’Argentina, il Brasile, il Canada, gli Stati Uniti e il Venezuela. Secondo l’Ocse, l’Italia è ottava nel mondo nella classifica dei paesi di nuova emigrazione. Partiva da una media di 87.000 nel decennio 2005-2014; il numero negli ultimi due anni si è più che raddoppiato.

Nel tempo è cresciuta esponenzialmente la percentuale di italiani in partenza con una formazione di alto livello. Se nel 2002 il 51 per cento di chi andava all’estero aveva la licenza media, oggi la percentuale è scesa al 30, mentre sono aumentati i diplomati (34,8) e i laureati (30). E in Italia è il 28 per cento dei giovani ad avere una laurea triennale, mentre la media Ocse è del 36 (meglio con la magistrale: in Italia sono il 20 per cento, in Europa la media è 17). Solo in laureati andati oltreconfine l’Italia ha «bruciato» 5,3 miliardi di dollari e in diplomati almeno 3,5 miliardi. Un danno, spiega Idos, che grazie ai flussi d’ingresso degli immigrati si riduce visto che contribuiscono a oltre 8 punti percentuali di pil e che sta crescendo il numero degli immigrati laureati che si spostano in Italia, soprattutto dall’Europa orientale. Anche sul piano demografico l’apporto degli immigrati è fondamentale. «All’Italia servono tra i 200 e i 270.000 cittadini giovani in più per non invecchiare troppo», commenta Franco Pittau. Le proiezioni di Idos dicono che nel 2065 «la popolazione residente straniera salirà da 4,6 milioni nel 2011 a 14,1 milioni nel 2065 (con una forbice compresa tra i 12,6 ed i 15,5 milioni)». Senza di loro, nessuno sarebbe in grado di gestire gli anziani: «L’indice di dipendenza degli anziani» (cioè il rapporto tra la popolazione di sessantacinque anni e più e la popolazione in età attiva tra i quindici e i sessantaquatrtro anni) passerà «dal 30,9 al 59,4 per cento». Il welfare del futuro, secondo gli scenari di Idos, passa necessariamente dagli stranieri.

Fonte: Quifinanza.it

Dal Mensile di agosto 2017

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