
Le cronache annunciate non finiscono mai. A parte le questioni economiche che rappresentano l’unico cruccio effettivo e problema reale del paese, le vicende politiche interne campeggiano nei mezzi di comunicazione vecchi e nuovi. Ampio spazio viene dedicato alle divisioni tra i partiti, che esistono sempre anche se le coalizioni ne attenuano la visibilità specifica. A sinistra e a destra sono in corso operazioni di assestamento direttivo e naturalmente il metodo non può che essere quello democratico secondo la libera interpretazione che si voglia dare al concetto. Ma al centro della disputa, al di là di ogni divagazione, c’è un personaggio e un nome: Silvio Berlusconi. Le sue vicende giudiziarie lo colpiscono ormai sul piano della libertà personale; la sua esposizione al rischio di misure cautelari per inchieste in corso è soltanto temperata dalle residue prerogative legate alla carica di senatore. Ma appena pronunciata la decadenza dal mandato parlamentare l’ultimo scudo protettivo si dissolverà senza alcuna possibilità di scampo. Questa e non altra è la posta in gioco; non deve stupire che la battaglia si svolga senza esclusione di colpi nelle sedi istituzionali. Un voto favorevole alla disapplicazione della legge Severino nel caso di specie offrirebbe discreti margini temporali di serenità, anche se la pronuncia definitiva sulla interdizione dai pubblici uffici chiuderà la partita salvo improbabili ma non impossibili scappatoie legislative o persino giudiziarie dell’ultima ora. Il tentativo di decidere alla svelta la sorte di Berlusconi non è fin qui riuscito, ma le lancette dell’orologio sono solo state rallentate, non certo fermate.
Delicate questioni giuridiche, sollevate e sostenute da autorevoli costituzionalisti dell’uno e dell’altro fronte, sono state finora liquidate con decisioni di stretta maggioranza adottate su prevalenti spinte politiche. Un ripensamento generale sulla giustizia viene auspicato ma non praticato ed è impensabile che possa dare dei frutti in tempi brevi; eppure dovrebbe coinvolgere non soltanto l’organizzazione degli uffici e l’ammodernamento delle procedure, ma soprattutto il diritto sostanziale nel campo civile e in quello penale.
L’attenzione si è fin qui concentrata sugli aspetti procedurali e molto meno su quelli sostanziali: invece è proprio qui la chiave di volta, sol che si abbia la onestà e il coraggio di disancorare l’analisi dalla persona di Silvio Berlusconi e di guardare asetticamente ma criticamente all’intero nostro sistema normativo. I reati introdotti con leggi speciali non meritano di sopravvivere se non inseriti nel codice penale e lo stesso istituto della interdizione non può sfuggire a una radicale rivisitazione alla luce di una corretta, moderna e attuale lettura della carta fondamentale.
Lillo S. Bruccoleri