Processo al Quirinale

Per la prima volta nella storia della repubblica un capo dello stato viene sentito quale testimone, come è suo diritto, nella sede istituzionale; ma nel linguaggio giornalistico, per un singolare lapsus che si sarebbe tentati di definire freudiano, si è spesso parlato di interrogatorio che propriamente è un termine che spetta all’imputato. La pubblicità del processo, date le condizioni particolari in cui viene celebrato, sarà assicurata solo mediante la diffusione degli atti relativi alla udienza quirinalizia e in mancanza di meglio è già qualcosa. L’intera vicenda, date queste premesse, sembra così destinata non più alla cronaca ma direttamente alla storia, alla quale non resta che riportarsi abbandonando ogni velleità di frettolose interpretazioni. Sullo sfondo rimangono le ombre dei misteri irrisolti legati alle più torbide e inquietanti turbolenze terroristiche e malavitose registrate negli ultimi decenni.

Gli argomenti di più stretta attualità continuano ad essere quelli economici, tra uno sfibrante negoziato con le istituzioni europee per ottenere condizioni accettabili e un crescente malcontento popolare per i sacrifici dei quali non si riesce a scorgere la fine. Le masse accorrono in piazza nel giorno dello sciopero generale, ma il premier non si scompone e rassicura il popolo dichiarando l’intenzione di non governare oltre due legislature. Matteo Renzi spera dunque di resistere per i prossimi nove anni e non si sa cosa potrebbe fare dopo; ma intanto l’obiettivo è quello di cambiare il paese  in una prospettiva di risanamento materiale e morale. Sfumano i confini tra la realtà e l’utopia: se prima si enfatizzava l’immaginazione al potere, sembra adesso che la fantasia assuma i tratti concreti dell’azione politica. Salvo a dover fare prima o poi, come è inevitabile, i conti con l’oste che non è detto sia generoso.

Lillo S. Bruccoleri

Dal Rugantino n. 12730

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